Sergio Ferrari*
Sei anni dopo la conclusione del processo per le vessazioni sofferte nel carcere di Coronda durante l’ultima dittatura, la giustizia ha appena iniziato un nuovo processo, che smantella, ancora una volta, la teoria della “obbedienza agli ordini superiori”. L’11 maggio 2018 il Tribunal Oral Federal di Santa Fe, Argentina, aveva condannato gli ex comandanti della Gendarmeria Nazionale Juan Angel Dominguez e Adolfo Kushidonchi a 17 e 22 anni di carcere per crimini contro l’umanità, in quanto direttori di quel carcere durante l’ultima dittatura civico-militare (1976 -1983). Quella che allora sembrava una tappa senza ulteriori sviluppi, in effetti, non lo era. Da appena qualche giorno, nella prima quindicina di giugno, il Tribunale Federale di Santa Fe, nel cui distretto c’è Coronda, ha imputato una decina dei vecchi carcerieri, ufficiali della Gendarmeria Nazionale, personale medico, come pure un alto ufficiale in pensione, tutti con responsabilità all’epoca nel suddetto carcere. Tra il 1974 e gli inizi del 1979 furono detenuti a Coronda 1.153 prigionieri politici, dei quali tre, Juan Carlos Voisard, Raúl Manuel San Martín e Luis Alberto Omaeche, persero la vita per mancanza delle cure mediche necessarie. Un quarto, Daniel Gorosito, fu assassinato dopo un trasferimento dalla suddetta prigione. Tutto ciò nel contesto di un regime quotidiano basato sull’isolamento quasi totale dei detenuti – sia all’interno del carcere che col mondo esterno – portato avanti con la parola d’ordine “tutto è proibito”. La sola concessione era l’aggressione, senza limiti, dei prigionieri politici dalla maggior parte del personale penitenziario, a partire dai direttori fino all’ultimo secondino, inclusi medici ed infermieri. Un costante impegno contro l’impunità e l’oblio Questa nuova causa ha molteplici fonti, spiega la militante femminista e dei diritti umani Lucila Puyol. Essa si basa su accadimenti che furono vissuti in quel carcere e presentati nelle udienze di dibattimento della prima causa Coronda (che si discusse tra il dicembre 2017 e il maggio 2018). Si basa anche sul contributo di un altro processo, che anni prima si era celebrato nella città di Rosario e aveva riguardato 66 vittime, molte delle quali furono detenute a Coronda. Essa comprende, inoltre, elementi di una causa speciale per la morte di Juan Carlos Voisard. Puyol ricorda che nel primo processo Coronda il gruppo degli avvocati querelanti – del quale lei stessa faceva parte - in rappresentanza dell’Associazione El Periscopio (che è formata da ex prigionieri politici di quel carcere), aveva già richiesto che si trasmettessero alla Fiscalia Federal di Santa Fe “prove documentali e testimonianze prodotte in tale giudizio… allo scopo di continuare l’istruzione dello stesso”. Formalmente la parte querelante, così come resta registrato nel fascicolo giuridico, citava 18 guardie penitenziarie, due ufficiali e due comandanti della gendarmeria, tre medici e un infermiere, così come due membri dell’ex personale dei servizi segreti. I nomi e le responsabilità di tutti quelli che contribuirono al regime inumano di Coronda sono apparsi nelle testimonianze di buona parte dei più di 70 testi che deposero nella prima causa Coronda. Ciò significa che “tutto il materiale documentale e le testimonianze del primo giudizio vengono assunti come prove in questa nuova causa in atto”, spiega Lucila Puyol, la quale sottolinea l’importante ruolo giocato durante tutto questo lungo processo per la ricerca di giustizia da parte dell’Associazione Civile El Periscopio, “che ha dato agli ex prigionieri politici di quel carcere il ruolo di protagonisti principali, in quanto vittime, testimoni e propulsori della causa. Secondo l’avvocatessa e militante del Gruppo HIJOS di Santa Fe (Figli e Figlie per l’Identità e la Giustizia contro l’Oblio e il Silenzio) sarebbe importante che il collettivo degli ex prigionieri politici continuasse a svolgere questo ruolo, come querelante, anche in questo nuovo processo che sta per iniziare. L’Associazione El Periscopio nacque nel 2003. Prese il nome da un piccolo strumento/invenzione utilizzato dai prigionieri a Coronda per osservare dall’interno delle celle il movimento delle guardie. Il periscopio era costruito con un pezzetto di vetro, che aveva dietro una mollica di pane annerita, acquisendo così le proprietà di uno specchio. Con l’aiuto di una paglietta di scopa lo si poteva far passare attraverso i buchini inferiori della porta e controllare, così, il movimento delle guardie nel padiglione. L’Associazione fu costituita per dotare di personalità giuridica la pubblicazione del libro scritto a più mani, anonimo e ricco di testimonianze Del otro lado de la mirilla. Olvidos y memorias de ex presos politicos de Coronda 1974-1979, che conta già tre edizioni e più di 12.000 copie vendute in diverse lingue. L’Associazione promosse il progetto di traduzione e pubblicazione delle versioni in francese (Ni fous ni morts, Vevey, Svizzera, 2020) in italiano (Grand Hotel Coronda, Roma, Italia, 2022) e in portoghese (Nem loucos, nem mortos, San Pablo, Brasil, 2023). Nel 2017 El Periscopio assunse il ruolo di parte accusatoria nel processo Coronda (https://elperiscopio.org.ar/). La memoria come sfida e azione salvifica “Il regime quotidiano che abbiamo patito a Coronda aveva come obiettivo l’annichilimento fisico, psicologico e ideologico dei prigionieri politici, così come chiaramente hanno riconosciuto gli aguzzini di quel carcere e i militari, che convertirono il penitenziario in un laboratorio, nel quale adottarono, nel tempo e in forma crescente, un regime ogni giorno più vessatorio e violento”, ricorda Froilán Aguirre. Aguirre fu arrestato nel 1977 a soli 17 anni, fu detenuto in diverse carceri, incluse alcune clandestine, e quando compì 18 anni fu trasferito a Coronda. “Ci proibivano tutto: parlare, leggere, scrivere, fischiare, svolgere attività fisica nella cella, dormire durante il giorno. Ci punivano continuamente per ogni cosa a seconda della voglia delle guardie, che ci controllavano giorno e notte”. E aggiunge: “il regime stesso di Coronda era una tortura giornaliera. Non ci sono scuse. Tutti erano responsabili: dai militari al direttore e i suoi assistenti, passando per le guardie che facevano il lavoro sporco e davano bastonate e punizioni, fino ai medici complici che non ci curavano” ricorda Aguirre, il quale continua ad essere un attivo militante politico a Santa Fe, oltre a prendere parte alla Commissione Direttiva dell’Associazione El Periscopio. A suo parere, il nuovo processo, che sta per iniziare e nel quale c’è una decina di imputati, non è altro “che un nuovo esercizio di memoria collettiva e giustizia. Esso ci esorta a continuare a denunziare quelle brutalità della dittatura. Sebbene abbia impiegato molti anni nel concretarsi, si converte, nuovamente in un’attività salvifica, non solo per quelli che patirono l’oppressione quotidiana, ma anche per la società nel suo insieme”. Questa nuova causa Coronda II, secondo Aguirre, ha un valore particolare: parte in una fase in cui in Argentina sono ventilati discorsi di odio e arie negazionistiche, che pongono in dubbio ciò che realmente significò la dittatura. “La lotta per i diritti umani acquista oggi, qui, un’importanza ancora più rilevante per l’insieme della nostra società”, egli enfatizza. La domanda è diretta: perché El Periscopio sostiene che il supporto dell’Associazione alla memoria, verità e giustizia, sia con il libro nelle differenti lingue sia con i processi legali, costituisce un esercizio salvifico per la società nel suo complesso? La risposta non dà adito a dubbi per Froilán Aguirre che in prima persona singolare/plurale propone un esempio chiarificatore. Conosciamo direttamente e siamo consapevoli del dibattito che queste cause legali stanno provocando nella stessa popolazione di Coronda, la cui vita, da decenni, è ruotata intorno al penitenziario. C’è un dibattito pubblico sulle responsabilità di uno e dell’altro e sugli orrori che ospitò tale carcere durante la dittatura”. Aguirre spiega che El Periscopio, da anni, continua ad essere invitato nella stessa Coronda a conferenze pubbliche, attività culturali, presentazioni del libro, incontri con giovani nelle scuole. “Per noi è un contributo essenziale, del nostro collettivo di ex prigionieri, per operare come antidoto contro l’oblio e per fare in modo che la gente stessa di Coronda, come stanno già facendo molti, si allontani dal binomio popolazione-carcere che caratterizza questa città di 17.000 abitanti, nella quale vivono molte ex guardie o i loro eredi”. E aggiunge una considerazione che ritiene essenziale: non si tratta solo di denunziare, bensì anche di condividere con la società, in particolare con i giovani, come in quelle vicende molto difficili, in un rapporto di forze assolutamente sfavorevole, “la nostra resistenza unitaria, collettiva, umana, solidale ci ha consentito di sopravvivere, realizzandoci come esseri umani e riaffermandoci come militanti a favore di un’Argentina Migliore e di un Altro Mondo Possibile. Presente con futuro Se continuerà senza interruzioni questo nuovo processo giuridico, attualmente in fase iniziale, molto probabilmente tra alcuni mesi – o anni – si accerteranno nuovi capi d’accusa e ci saranno nuove condanne. Forse alcuni degli accusati non sconteranno alcuna pena perché saranno già morti. Probabilmente, molti degli ex prigionieri politici o loro familiari, che subirono quegli orrori, non potranno sentirsi risarciti da questa nuova tappa giudiziale. “I tempi della giustizia sono particolari e rispondono a circostanze proprie e politiche generali che non sempre sono controllabili da coloro che accusano ed esigono verità”, riflette Froilán Aguirre. Ciò nonostante, “sappiamo che stiamo facendo la cosa giusta e che stiamo contribuendo, molto umilmente, ad una società futura più sana, giusta e migliore”. Lucila Puyol esprime il suo assenso, condivide e integra il ruolo degli ex prigionieri politici di Coronda e Periscopiani (come gli stessi si autodefiniscono) nella diffusione e trasmissione di questi processi nella società e nei media, “contributo pedagogico fondamentale e obiettivo imprescindibile nella costruzione della memoria. Il potere giudiziale è stato molto lento nel dare una risposta a fatti accaduti più di 40 anni fa, ma, senza dubbio, la giustizia è sempre necessaria e riparatrice”. Nella sua riflessione finale Puyol include il permanente lavoro che i membri dell’Associazione El Periscopio realizzano da decenni, in Argentina e all’estero, con il loro libro su Coronda con centinaia di presentazioni in molteplici lingue. E anche con le cause con le quali chiedono giustizia. “Un lavoro, insisto, fondamentale per la costruzione della memoria collettiva. Inoltre, essi sono stati capaci di trasformare l’esilio di molti ex detenuti di Coronda - vicenda individuale e familiare dolorosa - in un movimento internazionalistico che rende pubblico ciò che è stato il terrore della dittatura argentina. Esso non si limita solo alla denuncia, ma condivide anche i sogni e le speranze di una generazione che lottò per un paese migliore, attualizzando e avvalorando quello che fu la resistenza collettiva, solidale e unitaria nel carcere di Coronda, come forza di sopravvivenza, di vita e di impegno innovatore”. *Sergio Ferrari, giornalista, ex prigioniero politico a Coronda e membro dell’Associazione El Periscopio Traduzione: Claudio Fiorentino