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La solidarietà internazionale: il sentiero della libertà
Relazione di Paolo Ferrero - Conferenza internazionale su: “Prigionieri politici in Turchia: dove va il sentiero della libertà e della pace” Bruxelles, Parlamento Europeo – 16 Febbraio 2024 Care amiche ed amici, compagne e compagni, innanzitutto grazie agli organizzatori. Sono onorato del vostro invito a partecipare ed a tenere una delle relazioni introduttive a questo incontro europeo finalizzato a migliorare l’attività di solidarietà internazionale per la liberazione dei prigionieri politici in Turchia. La presenza di molti italiani testimonia l’impegno nel nostro paese in solidarietà con Ocalan e i prigionieri politici: domani 17 febbraio si terranno due manifestazioni a Roma e a Milano. Si tratta di un impegno che ha una storia importante: penso a Dino Frisullo come all’impegno di Rifondazione Comunista per cercare di far ottenere l’asilo politico ad Ocalan nel lontano 1998/99, prima che venisse poi sequestrato in Kenia. Un impegno per noi obbligatorio proprio perché fu il governo del nostro paese, il governo D’Alema a non voler dare il diritto d’asilo al Presidente Ocalan e addirittura ad opporsi in Tribunale, con l’avvocatura dello stato, per cercare di impedire che la Magistratura si pronunciasse in modo favorevole alla concessione dell’asilo politico. Un comportamento vergognoso di un governo che non solo accettò le pressioni degli Stati Uniti d’America ma che subì senza batter ciglio il ricatto del governo turco di porre limiti alle importazioni di prodotti dal nostro paese. In Italia abbiamo quindi il convincimento politico ma anche il dovere morale di riscattare il vergognoso comportamento del governo D’Alema che è all’origine del sequestro e della venticinquennale disumana prigionia che sta subendo Abdullah Ocalan. A questo riguardo è importante comprendere perché il governo Turco abbia questo comportamento così inumano nei confronti di Apo. In Italia, nel 1928, durante il fascismo, nel corso del processo che condannò al carcere Antonio Gramsci, il pubblico ministero fascista disse: “ Bisogna impedire a quel cervello di funzionare per almeno vent’anni”. Il fascismo non poteva uccidere Gramsci perché avrebbe avuto delle ripercussioni negative sul piano internazionale ma voleva distruggere Gramsci come persona, metterlo in condizioni di non non nuocere al regime, di non poter più esercitare la sua azione di direzione politica ma anche di non poter pensare. La stessa cosa sta facendo il governo turco. Ocalan è un gigante del pensiero, un grande filosofo rivoluzionario che, come Gramsci, non solo ha articolato in modo intelligente il pensiero marxista ma ha saputo proporre un nuovo paradigma della trasformazione sociale. Pensiamo alla proposta del confederalismo democratico o alla valorizzazione della soggettività delle donne nella comprensione della centralità dello scardinamento del patriarcato al fine di trasformare rapporti sociali che non sono determinati unicamente da elementi economici. Siamo davanti ad una elaborazione di grande livello che ha rivoluzionato il terreno della costruzione della soggettività dell’alternativa. Ocalan come Gramsci non si è limitato a rielaborare e innovare ma ha inventato un nuovo paradigma della trasformazione. Per questo il regime turco vuole impedire “a quel cervello di funzionare”. Parimenti, Erdogan, con le forme disumane dell’incarcerazione di Ocalan, vuole seppellire il progetto politico di Ocalan che – con l’abbandono della lotta armata e della richiesta di indipendenza del Kurdistan – aveva già delineato compiutamente una soluzione politica per il conflitto armato, indicando il profilo di una possibile ed auspicabile civile convivenza tra Turchi e Kurdi. Questo aspetto deve essere sottolineato chiaramente: il governo turno reprime Ocalan proprio perché ha indicato una possibile via pacifica al problema di una civile convivenza nell’area. Anche su questo piano è vergognosa la complicità occidentale con Erdogan, continuando a trattare le organizzazioni Kurde come terroriste. Dobbiamo averlo ben chiaro: il motivo di questo accanimento da parte del regime Turco nei confronti di Ocalan risiede proprio nella volontà di sopprimere Ocalan senza ucciderlo: sopprimerlo come persona, come dirigente politico, come filosofo rivoluzionario. Questo è il tratto inumano, moralmente prima ancora che politicamente raccapricciante del regime fascista di Erdogan. Dobbiamo sottolineare come proprio il nostro “alleato” Erdogan ponga in essere misure repressive inumane nei confronti di Ocalan e degli altri 4000 prigionieri politici del regime, misure che i nostri governi fanno finta di non vedere. In questa azione di denuncia credo che dobbiamo fare un salto di qualità in una direzione di allargamento della nostra campagna. Oggi, la mobilitazione per la liberazione di Apo e degli altri prigionieri politici raccoglie soprattutto compagni e compagne che condividono le idee, l’elaborazione e anche il percorso politico di Ocalan. Noi dobbiamo assolutamente andare oltre questo circuito di persone: dobbiamo aggregare attorno alla parola d’ordine della liberazione di Ocalan anche persone di orientamento politico diverso dal nostro. Dobbiamo aggregare tutte e tutti coloro che considerano inaccettabile il trattamento inumano a cui è sottoposto Ocalan a prescindere dal loro orientamento politico. Come negli anni ‘30 vi era in Europa una mobilitazione democratica per la liberazione di Gramsci che andava ben oltre ai confini del mondo comunista, oggi dobbiamo fare una cosa analoga per Ocalan. Lo dobbiamo ad Ocalan e lo dobbiamo a tutti i prigionieri politici che ci sono in Turchia, perché per essere efficaci dobbiamo rafforzare ed allargare il fronte della mobilitazione. Grazie.