Nella sua allocuzione televisiva per spiegare la decisione, il Presidente ha dichiarato di sciogliere l'Assemblea Nazionale "per chiedere al popolo sovrano i mezzi istituzionali per dare corpo alla trasformazione sistemica che ho promesso". È facile prevedere che anche nelle elezioni legislative gli elettori confermeranno il consenso al Pastef e suoi alleati ed allora, con maggioranza anche in Parlamento, il governo dovrà affrontare la prova dei fatti di fronte alla popolazione. In realtà, se è vero che la non maggioranza in Assemblea Nazionale ha impedito la realizzazione di alcune riforme, secondo gli analisti economici, il vero problema che si dovrà affrontare è quello del bilancio e della programmazione economica. Nel documento di bilancio e programmazione 2025-2027 approvato dal Consiglio dei Ministri il 12 giugnoscorso, non ci si discosta molto dalle politiche di Macky Sall, soprattutto per quanto riguarda il massiccio ricorso all' indebitamento e per il grave squilibrio tra le spese di funzionamento e quelle d'investimento. In un Paese in cui uno dei principali problemi è la disoccupazione, soprattutto tra i giovani, diventa indispensabile una politica economica di sviluppo sia del settore pubblico che di quello privato. Per invertire questo trend negativo occorreranno profonde riforme nell'organizzazione dello Stato e della Pubblica Amministrazione, difficilmente realizzabili in tempi brevi, tenuto anche conto delle resistenze che si incontreranno tra gli stessi sostenitori del governo.
Se sul fronte interno possiamo dire che ci si trova in una posizione di stallo, in politica estera, invece, si sono delineate meglio, in questi sei mesi, le linee seguite dal governo. In effetti, nei suoi sessantaquattro anni d'indipendenza, la politica estera del Senegal non ha mai subito, nell' avvicendarsi dei vari governi, bruschi cambiamenti di rotta. Oltre al partenariato privilegiato - per meglio dire assoggettamento - con la Francia ed in generale col mondo occidentale, uno dei capisaldi di tale politica è sempre stato il rapporto di buon vicinato con i Paesi della regione dell'Africa Occidentale e l'adesione convinta e spesso acritica alla CEDEAO, la Comunità Economica Degli Stati dell'Africa Occidentale, creata nel 1975 e che raggruppa 15 Paesi. Una delle curiosità degli analisti politici, rispetto al nuovo governo, era capire se in politica estera ci sarebbero stati gli stessi stravolgimenti preannunciati - ma, come abbiamo visto, ancora tutti da verificare - in politica interna. In effetti, sia le dichiarazioni programmatiche prima delle elezioni, che quelle al momento dell' insediamento, lasciavano presagire cambiamenti profondi.
Tra l’altro, Diomaye aveva dichiarato che "pur non nutrendo ostilità nei confronti della Francia”, rivendicava il diritto di scegliere i propri partner economici e commerciali, ponendo così fine ad una sorta di monopolio francese. E sempre in maniera esplicita non aveva escluso, a priori, in materia di sicurezza interna ed esterna, la cooperazione con alcun Stato, con riferimento non velato alla Russia. Ed il contesto regionale sembrava favorire tali cambiamenti. A seguito dei colpi di Stato in Burkina Faso, Mali e Niger, la CEDEAO, accodandosi al mondo occidentale, adombrò addirittura un intervento armato in tali Paesi per il ripristino dei precedenti governi e li escluse dalla Comunità. Naturalmente, la minaccia si rivelò velleitaria e furono i tre Paesi ad annunciare il loro ritiro dalla Comunità e un accordo difensivo tra di loro. In effetti, la creazione, nel settembre 2023, dell'Alleanza degli Stati del Sahel tra i tre Paesi, avrebbe costituito un'ottima sponda per il nuovo corso senegalese per allontanarsi dalla CEDEAO, le cui politiche, soprattutto in materia di moneta unica controllata dalla Francia, sono sempre state invise alla società senegalese ed in apparente contrasto con gli ambiziosi programmi economici del nuovo governo.
Invece, sia dalle visite svolte all'estero dal Presidente e dal Primo Ministro, sia dalle dichiarazioni degli stessi in varie occasioni, si è compreso che, pur non condannando i nuovi regimi dei tre Paesi saheliani ed anzi rinforzando la cooperazione con gli stessi, i nuovi governanti senegalesi ritengono che la CEDEAO continui ad essere l'organismo di riferimento essenziale per lo sviluppo dell'Africa occidentale. Nell'ambito del discorso pan-africano e della necessità di sovranità assoluta del continente, Diomaye si è calato nei panni del mediatore tra CEDEAO ed i tre Paesi dell'Alleanza degli Stati del Sahel per risolverne le divergenze e ricostituire l'integrità dell'organizzazione. Il tempo ci dirà con quale esito.