il Dipartimento di Stato americano rimuove la frase "non sosteniamo l'indipendenza di Taiwan" dalla scheda informativa sulle relazioni USA-TAIWAN

Cina, Taiwan, Giappone, Corea del Sud e Filippine
di Herta Manenti
Mentre la UE incredula ancora si lecca le ferite dopo la conferenza di Monaco appena conclusasi e cerca di correre ai ripari, esclusa pare dal processo decisionale sulla possibile pace tra Russia e Ucraina, l'amministrazione Trump non perde tempo spostando il baricentro a Est, con il chiaro intento di arrivare a una resa dei conti con la Cina. Lo scenario di smantellamento del diritto internazionale e delle agenzie multilaterali è già stato avviato e la questione Taiwan riprende centralità.
Si scivola drammaticamente e rapidamente verso un'escalation delle tensioni, e forse la speranza che si tratti solo di performance destinate a rientrare nel linguaggio della mediazione e della diplomazia perde consistenza giorno dopo giorno. Durante la Conferenza sulla Sicurezza di Monaco, tenutasi dal 14 al 16 febbraio 2025, l'Unione Europea ha discusso il suo ruolo nel contesto geopolitico globale. Contemporaneamente, nel febbraio 2025, il Dipartimento di Stato degli Stati Uniti ha aggiornato la "Scheda informativa sulle relazioni USA-Taiwan", rimuovendo la frase "non sosteniamo l'indipendenza di Taiwan". Questo cambiamento indica una modifica sostanziale nella politica statunitense, intensificando la competizione con Pechino.
L'aggiornamento della "Scheda informativa sulle relazioni USA-Taiwan" da parte del Dipartimento di Stato americano segna un nuovo capitolo nella crescente tensione tra Stati Uniti e Cina. La rimozione della frase "non sosteniamo l'indipendenza di Taiwan" non è solo un aggiustamento formale, ma un chiaro segnale politico che si inserisce in una strategia più ampia di ridefinizione degli equilibri nell'Indo-Pacifico. Questo cambiamento avviene in un contesto di progressivo disimpegno degli Stati Uniti dagli strumenti del diritto internazionale, preferendo un approccio basato sulla pressione geopolitica e militare.
La reazione cinese
Non si è fatta attendere la reazione cinese. Oggi il portavoce del Ministero degli Esteri cinese, Guo Jiakun, ha risposto duramente, ribadendo che esiste una sola Cina e che Taiwan è parte integrante della Repubblica Popolare Cinese. Ha sottolineato che questa posizione è riconosciuta dalla comunità internazionale ed è sancita nei tre comunicati congiunti sino-americani, che Washington sta ora violando con questa revisione. Secondo Pechino, la modifica della scheda informativa rappresenta un grave arretramento, un segnale pericoloso alle forze separatiste taiwanesi e un ulteriore passo nella politica americana di "usare Taiwan per contenere la Cina".
l principio di una sola Cina e il ruolo dell’ONU
La questione di Taiwan è regolata dal principio di "una sola Cina", riconosciuto a livello internazionale con la Risoluzione 2758 dell’Assemblea Generale delle Nazioni Unite del 25 ottobre 1971. Con questa risoluzione, il governo della Repubblica Popolare Cinese è stato riconosciuto come unico rappresentante legittimo della Cina presso le Nazioni Unite, sostituendo la Repubblica di Cina (Taiwan). Questo passaggio ha sancito la marginalizzazione diplomatica di Taiwan, consolidando l’integrità territoriale cinese. Da allora, la grande maggioranza degli Stati membri dell’ONU ha aderito alla "One China Policy", riconoscendo Pechino come unico governo legittimo e riducendo progressivamente i rapporti ufficiali con Taipei. Tuttavia, gli Stati Uniti e alcuni loro alleati hanno continuato a fornire a Taiwan un sostegno informale e strategico, mantenendo viva una disputa che, di fatto, ostacola la stabilizzazione della regione e mina la sovranità cinese.
La richiesta di Pechino agli Stati Uniti è chiara: correggere immediatamente l'errore, rispettare gli impegni assunti e interrompere qualsiasi supporto alla causa indipendentista di Taiwan. Al contrario, Washington continua a rafforzare la cooperazione con Taipei in settori strategici come la tecnologia e la difesa, intensificando il sostegno militare e politico. Questo approccio si inserisce in un più ampio contesto di rivalità sistemica tra Cina e Stati Uniti, che si manifesta non solo nell'ambito economico e tecnologico, ma ora sempre più apertamente nella dimensione diplomatica e militare.
Le reazioni da Taiwan
Un aspetto interessante emerso dal dibattito è che gli Stati Uniti, pur rimuovendo la dichiarazione sulla non indipendenza di Taiwan, hanno mantenuto una formulazione che enfatizza la risoluzione pacifica delle divergenze nello Stretto, evitando di dichiarare un sostegno esplicito all'indipendenza di Taipei. Tuttavia, la leadership del Partito Democratico Progressista (DPP) di Taiwan ha interpretato la modifica come un segnale positivo, lodando quella che considera una crescente apertura di Washington alla causa taiwanese.
Secondo Zheng Jian, esperto di studi su Taiwan dell'Università di Xiamen, questa lettura da parte del DPP è solo un'illusione auto-consolatoria. In realtà, gli Stati Uniti stanno aumentando la pressione su Taiwan per accettare costi più elevati nella loro relazione strategica. L'esempio più evidente è l'approccio aggressivo dell'ex presidente Trump sul settore dei semiconduttori, con dichiarazioni mirate a riportare negli Stati Uniti la produzione che oggi è concentrata a Taiwan, in particolare con la TSMC.
"Vendere Taiwan agli Stati Uniti e placare Washington non porterà sicurezza all'isola, ma danneggerà i suoi interessi e aumenterà l'instabilità nello Stretto", ha avvertito l'esperto. Il punto centrale è che Taiwan rimane una pedina nelle mani degli Stati Uniti, sfruttata come leva geopolitica per contenere la Cina, ma senza reali garanzie di sicurezza a lungo termine.
Nel frattempo, Washington continua a giocare la "carta Taiwan" per massimizzare la pressione su Pechino. Il sostegno alla partecipazione di Taiwan in organizzazioni internazionali e il rafforzamento delle relazioni bilaterali tra Stati Uniti e Taiwan sono parte di una strategia più ampia che si inserisce nella competizione strategica con la Cina. Tuttavia, come ricordato dal portavoce cinese Guo Jiakun, la questione di Taiwan rimane la "prima e più invalicabile linea rossa" nelle relazioni sino-americane.
Se vuoi la guerra, preparati alla guerra.
L'erosione del principio di una sola Cina mina le basi della stabilità nello Stretto di Taiwan e spinge Pechino a una reazione che potrebbe non essere solo retorica, certamente mette in difficoltà la leadership cinese nei confronti delle fazioni più nazionaliste e interventiste che Xijinping è sinora riuscito a tenere sotto controllo. La deterrenza prende sempre più spazio nel contesto della “diplomazia”, mentre la marginalizzazione del diritto internazionale subisce accelerazioni impreviste, lasciando spazio alla logica del confronto diretto. Con il disimpegno statunitense dalle piattaforme di mediazione e il rafforzamento del sostegno a Taiwan, il rischio di un'escalation concreta non è mai stato così alto.